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In Direzione, a tu per tu con Simone Spagnolo

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Questa volta siamo finiti in Direzione! No, non preoccupatevi, ci siamo andati di proposito per scoprire la nostra scuola da un’altra prospettiva; quella di chi la scuola la progetta e la costruisce per noi. La visione di noi studenti è spesso condizionata da pregiudizi e luoghi comuni; ma è davvero così grande la distanza tra noi?

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Lo abbiamo chiesto a Simone Spagnolo, vice Direttore dell’Istituto…
Sono diversi gli ex-allievi che attualmente insegnano nella nostra scuola e che condividono il carisma e il metodo educativo; Simone Spagnolo è uno di questi. Terminato il percorso tecnico agli Artigianelli ha approfondito gli studi frequentando un corso di specializzazione ai Salesiani di Milano e successivamente il corso para-universitario di Cross Media communication e Project management presso l’ITS Academy Angelo Rizzoli, fiore all’occhiello della formazione tecnica superiore lombarda. Dal 2015 è Presidente dell’Associazione Culturale Studi Grafici di Milano.
Nel 2022 frequenta il master “Management scolastico e direzione delle scuole paritarie” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Oggi è viceDirettore dell’Istituto.

 

Si descriva in tre parole
Sicuramente direi entusiasta; amo il lavoro che faccio e questa scuola. Un grande maestro e filosofo diceva: “Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”. - Confucio, giusto? - Si, Proprio lui, vedo che siete preparati e questo è un bel punto di partenza.
Mi considero una persona molto positiva, ho imparato, anzi, sto imparando a cogliere da ogni esperienza di vita il massimo; insegnamenti e benefici.
Aggiungerei sensibile e determinato.

 

Da quanto tempo è in questa scuola?
Come ben sapete, qualche anno fa ero seduto tra questi banchi; ogni mattina zaino in spalla e badge a portata di mano. - Il badge? - Si esatto, come avviene normalmente in azienda, dovevamo timbrare l’entrata e l’uscita da scuola. Ci facevano sentire quasi grandi e responsabili…

Era il 2004 quando entrai qui in prima superiore. Dopo gli studi e un po’ di esperienza in azienda tornai qui come insegnante dieci anni dopo, nel 2014, anche se in verità non abbandonai mai completamente gli Artigianelli, l’ambiente e le persone.

 

Quanto è cambiata la scuola da quando era studente e come ha vissuto il passaggio?
Qualche anno è passato... e naturalmente, come potete ben immaginare, gli occhi dello studente non sono quelli dell’insegnante. Qualcosa però rendeva unica questa scuola; era tangibile per chiunque; un’aria di famiglia e quel senso di appartenenza che si creava via, via negli anni e maturava in un ragazzino di quasi diciotto anni che da lì a poco avrebbe dovuto lasciare la scuola e proseguire gli studi superiori altrove.
Avevamo la fortuna di poter contare su un gruppo di professori molto preparati e uniti tra loro. Persone che negli anni, tanti anni di insegnamento nella nostra scuola, avevano e sapevano trasmettere carisma e grande professionalità.

Qualche anno dopo diventai collega di quegli stessi insegnanti e non nascondo che mi fece un certo effetto; p. Marcello, Direttore della scuola a quei tempi, mi diede un’opportunità unica che vivo tuttora con grande motivazione, determinazione e riconoscenza.
“E poi dai insomma, ve lo confesso”… niente più studio, verifiche, interrogazioni… Finalmente tre mesi di ferie e, questa volta, senza compiti delle vacanze! Cosa potevo volere di più?
Scherzi a parte… i “tre mesi di ferie dell’insegnante” sono assolutamente uno dei più grandi falsi miti da sfatare. Per il resto non ho mai smesso di studiare e di aggiornarmi. È fondamentale e necessario per garantire agli studenti una formazione up-to-date. E questo è quello che fanno tutti i vostri insegnanti.

 

Cosa l’ha portata a scegliere questa scuola da studente?
Mi piaceva disegnare, me la cavavo egregiamente con squadra e matita, ero portato per i lavori manuali e mi piaceva cucinare; spesso occupavo la cucina di casa per preparare torte e biscotti; immaginate la gioia di mia mamma.. Ah, sia chiaro, non ho mai smesso di dilettarmi in queste cose!

Per farla breve avevo in testa due scelte: la scuola grafica e l’alberghiero. Cominciai col visitare una prima scuola, di grafica e comunicazione. Beh ecco, fu l’unica. Nessun dubbio, era la scuola che volevo frequentare. Laboratori professionali, computer e attrezzature all’avanguardia, una grande aula da disegno, campi da gioco, un grande cortile, l’armadietto personale, un campo scuola in montagna a settembre.. Beh, devo andare avanti?

 

Cosa l’ha spinta a diventare professore?
Cominciai a pensarci in quarta superiore, avevo proprio la vostra età.
Mi eccitava l’idea di poter tramandare quello che professionalmente e umanamente stavo ricevendo.

In quegli anni partecipai a diverse iniziative che mi diedero una bella spinta; una su tutte, la storica iniziativa del campo scuola di settembre; quattro giorni in montagna tutt'oggi organizzati con lo scopo di accogliere al meglio i nuovi studenti di prima superiore. Partecipai in qualità di studente accompagnatore che doveva testimoniare, attraverso l’esperienza personale e una presenza concreta, il senso di appartenenza a una scuola che ha sempre saputo essere molto più di una scuola. Tutto questo assieme a insegnanti che sono stati per me esempio e guida; persone che hanno contribuito a formare l’uomo che sono oggi e condizionato quel desiderio che oggi è il mio lavoro.

 

Cosa vuole trasmettere ai suoi studenti?
È una mia ricetta, Ok? Tenetela per voi e fatene tesoro… (sorride ndr)
Tante soft skills e una buona dose di hard skills in un ambiente accogliente e dinamico e il gioco è fatto, o quasi! Dico quasi perché proprio questa è la grande, e difficile, missione dell’insegnante-educatore.
Coltivare la passione per quello che si fa e stimolare la curiosità sono senz’altro fattori imprescindibili. L’insegnante appassionato ne è sicuramente un facilitatore; gli studenti lo percepiscono dal coinvolgimento, dalla sensibilità e più semplicemente dalla presenza.

L’innovazione tecnologica si trasformerà sempre più rapidamente. Ad esempio, vi siete chiesti dove ci porterà l’intelligenza artificiale di cui tanto si parla oggi? Sono tanti i risvolti positivi, ma non ci sono solo quelli. Le professioni dovranno necessariamente adattarsi a questi nuovi scenari. Bisogna reagire positivamente al cambiamento; essere resilienti e sviluppare una buona capacità di adattamento attraverso le sfide quotidiane, lo sviluppo di progetti più o meno complessi, il team building e l’esperienza in azienda. Da dove cominciare? Beh, non credo ci sia posto migliore di una scuola come la nostra.

 

Quali sono per lei i 3 must have di una scuola come la nostra?
I nostri studenti possono contare su laboratori e attrezzature all’avanguardia, su competenze che vengono costantemente riviste e aggiornate.
Là fuori nulla di tutto questo è così scontato; molti di voi riconoscono questa fortuna, questo valore, ed è una cosa che apprezzo molto.
La prerogativa della nostra scuola è proprio quella di garantire una formazione e una preparazione appetibile e ricercata. Certo, non senza sforzi; stiamo parlando di investimenti talvolta molto onerosi. È fondamentale perciò creare sinergie e attivare confronti con aziende, università, scuole, associazioni di categoria. Noi lo stiamo facendo bene ma c’è ancora molto da fare.

Fatta questa premessa torno alla vostra domanda.
Un’alleanza educativa rinforzata. La crescita dei giovani avviene attraverso un buon lavoro condiviso tra scuola e famiglia. Serve più fiducia nell’istituzione scolastica scelta per la crescita dei propri figli. Mi piacerebbe vedere le famiglie sempre più coinvolte nelle attività educativo-scolastiche.

L’internazionalizzazione. E qui l’inglese è solo un mezzo per raggiungere l’obiettivo. La scuola deve essere sempre più aperta a misure e azioni finalizzate alla formazione e alla crescita globalizzata di tutti i suoi attori: studenti, docenti, dirigenti. Mi riferisco ad attività di scambio e gemellaggi con realtà scolastiche estere, mobilità per stage e formazione, esperienze di insegnamento e di studio. A novembre 2022, ad esempio, grazie al programma Erasmus+, siamo andati in Irlanda a Cork con i vostri compagni di quarta IFP.

Un’offerta formativa extrascolastica ben strutturata. Bisogna rinnovare il modello educativo; la scuola non può più essere solo “ore di lezione e nozioni su nozioni”; è importante ascoltare e far tesoro delle esigenze dei nostri ragazzi. Il sistema scolastico americano, in questo, è molto più avanti.

 

A questo proposito, lei è coordinatore di OpenART. Di cosa si tratta?
Negli ultimi anni la pandemia ha avuto un impatto significativo nella vita di ciascuno di noi, stravolgendone stili di vita e abitudini.
C'era bisogno di ascolto e presenza. Ce lo chiedevate a voce alta, quasi urlata!
Stanchi di quella nuova scuola virtuale che aveva annullato di colpo incontri e relazioni. Solo il desiderio, enorme, di tornare a fare scuola, in presenza. Un paradosso fino a qualche anno fa!

OpenART nasceva quindi come occasione di ascolto e condivisione.
Poi, nel 2022, presentai il progetto all'Università Cattolica del Sacro Cuore, durante il master di management scolastico. Oggi OpenART vuole essere uno spazio extrascolastico in cui si sviluppano attività stimolanti e progetti innovativi volti al miglioramento della socializzazione, dell'aggregazione e dell'apprendimento multidisciplinare (coaching, attività ludico-creative, inglese, team building, simulazione d’impresa, attività sportive, …).
Gli studenti, al centro del progetto, non solo partecipano alle varie attività proposte, ma, assieme al team di coordinamento, possono ideare e proporre nuove iniziative di valore sperimentando il coinvolgimento attivo (co-creazione).

 

Cosa non deve mancare ad un professore?
Sicuramente l’autorevolezza. È una delle prime cose che gli studenti colgono. Prima della preparazione ricercano la personalità, decisa e convincente. L’insegnante autorevole dovrebbe assicurare il rispetto delle regole attraverso l’ascolto e lo sviluppo di relazioni significative coi propri studenti.
Siamo una scuola a tempo pieno; alterniamo ore di lezione a momenti ludico-ricreativi e questo presuppone una presenza attiva, carismatica, concreta.
In questi ultimi anni ci siamo trovati nella condizione di rivedere, stravolgere, adattare i nostri metodi di insegnamento, apprezzando il valore di una flessibilità quasi sconosciuta. La risposta dei nostri docenti è stata straordinaria! È fondamentale quindi rinnovare i metodi di insegnamento adattandoli ai tempi, considerando nuovi strumenti tecnologici e opportunità. Il fine lo conoscete benissimo: lo studente apprende quando viene coinvolto attivamente e stimolato. E poi chi dice che non si può imparare divertendosi?

Mi sento di dire che stiamo costruendo un bel team, giovane e preparato.
Non mancano i momenti di aggregazione e svago anche fuori dal contesto “scuola” e le occasioni per condividere passioni e interessi. Ci piace stare assieme e questo credo sia il segreto.

 

Ci dica una curiosità su di lei
Ogni volta che sento di dover ricaricare le batterie scelgo Il mare (anche con qualche tuffo fuori stagione) o un bel trekking impegnativo in montagna; amo scoprire posti nuovi. La natura ci regala energia incredibile e luoghi meravigliosi!

Mi piace cantare; ho diversi strumenti musicali e vi assicuro che tra tutti studiare il violino da autodidatta è praticamente impossibile. Sono un “fotomane”, faccio foto sempre e ovunque, sono interista… Ah avevate detto una?

 

Come si vede fra 20 anni?
Che domanda difficile! Vi rispondo tra 20 anni, posso?
In fin dei conti credo di meritarmi un bel voto…

Credo nella legge di attrazione, quindi dirò solo cose positive.
Mi vedo circondato da persone che mi vogliono bene; famiglia, amici, colleghi.
Felicemente sposato e impegnato a crescere qualche giovane in più…
Avete letto tra le righe? (sorride ndr)